Volto gentile, espressione intelligente di chi
ne ha viste e attraversate molte, e una voce così profonda che sembra arrivare
da lontano.
Mohamed
Trabelsi non è a suo agio davanti alla telecamera che
lo riprende mentre insieme ripercorriamo la sua storia in Guffanti per il
progetto G-People.
E il motivo lo capiamo subito: lui, Mohamed, è
un uomo d’azione. Degli oltre trentasei anni (trentasei!) vissuti con addosso
lo stemma Guffanti, non c’è stato un giorno che non fosse in movimento.
Ecco spiegato forse anche perché questi
trentasei anni sembrano in realtà molti di più, a ripercorrerli con le parole.
“Quando
sono entrato in Guffanti avevo 22 anni, venivo dalla Tunisia e conoscevo poco e
niente del lavoro edile - ci racconta Mohamed, che oggi di anni ne ha 58, e
parla con la difficoltà di chi non è abituato a maneggiare cose leggere come i
ricordi - Ero specializzato come
tornitore e saldatore, ma quando sei giovane e arrivi in un altro paese conta
solo iniziare a lavorare. E così ho fatto. Oggi ho quasi sessant’anni e in
questa azienda ho trascorso più della metà dei miei giorni, passando più tempo
in un cantiere Guffanti di quanto non ne ho passato in famiglia. Nel vero senso
della parola (sorride)”.
Trentasei anni di carriera che sembrano molti
di più, dicevamo, anche per via del modo in cui, in questo lasso di tempo,
intorno a Mohamed è cambiato tutto: il mondo delle costruzioni, in primis, ma
poi anche l’azienda, e infine il suo ruolo.
“Oggi sono caposquadra e coordino un gruppo
di persone, con le quali mi sposto da un cantiere a un altro a seconda di dove
c’è bisogno - ci dice - Quando
abbiamo iniziato era tutto diverso. La sede, il magazzino, gli uffici: tutto
era più piccolo, più familiare. Eravamo una Srl, oggi siamo una Spa: un gruppo
che dà lavoro a moltissime persone, che ha cantieri ovunque nell’area di Como e
nelle province limitrofe. È bello sentirsi un po’ responsabili di una cosa così”.
Ovvero una visione e una evoluzione che
secondo Mohamed hanno, però, un nome e un cognome precisi: Ambrogio Guffanti.
Il fondatore.
“Non so quanti altri al suo posto sarebbero
riusciti ad arrivare dove è arrivato lui. Trasformare un’azienda familiare in
un gruppo come quello che siamo oggi è qualcosa che non capita a tutti. E se mi
chiede i motivi per cui consiglierei un lavoro in Guffanti le dico di guardarsi
intorno, perché non ci sono aziende con la stessa forza, la stessa stabilità e
la stessa credibilità che può trovare qui. Le racconto una cosa: mio figlio ha
17 anni e qualche mese fa ha fatto uno stage per la Guffanti. Quando è finito
mi ha detto che gli piacerebbe tornare, se ci sarà la possibilità. Non me lo ha
detto il perché, ma io lo so: e il perché è che è impossibile entrare qui e non
rendersi conto di essere in un’azienda come ce ne sono poche dalle nostre parti.
E sa perché lo so? Perché anche a me, in
36 anni di lavoro in Guffanti, sono capitate opportunità di andare a lavorare
altrove, ma non ho mai accettato. Perché non si lascia un gruppo che ti tratta
come Guffanti tratta i suoi dipendenti, per andare da chi ti promette mari e
monti e non sai se poi manterrà la parola data. Qui invece ti accorgi subito
che se c’è una cosa che non cambia, quella è la parola. Anche nei momenti più
difficili, quello che viene promesso viene mantenuto”.
Così in Guffanti Mohamed ci ha messo le
radici. Ancora una volta, nel senso letterale del termine. Perché oltre ad
essere uno dei collaboratori più longevi del gruppo, è anche uno dei tantissimi
clienti che con Guffanti si è costruito casa. Quando gli chiediamo come se la
immagina la Guffanti del futuro non si scompone.
“Sono 36
anni che vedo l’azienda cercare sempre di mettersi al passo con quello che il
mercato richiede - ci spiega - Non penso che cambierà questa cosa. Ma a chi
verrà dopo di noi che siamo qui da molto tempo dico di non dimenticare quello
che è stato detto a me il primo giorno che sono entrato: guarda, cerca di
capire in fretta, e poi fai. Ecco, questo è il consiglio migliore che mi sento
di restituire. Con me posso dire che ha funzionato. (sorride ancora)”.
Prima di liberare Mohamed e farlo tornare
l’uomo di azione che è da 36 anni, gli chiediamo però se c’è stato un collega
al quale si sente più legato per gratitudine. Lo vediamo cercare le parole
giuste sopra i pensieri, poi candidamente risponderci:
“non so
se posso dire che è un collega (sorride di nuovo, forse anche perché ha
capito che siamo arrivati alla fine della nostra chiacchierata), ma la persona a cui devo dire grazie è
sicuramente Ambrogio Guffanti. Potrei dire per mille motivi, ma il primo è per
come mi ha rispettato durante questi 36 anni di lavoro”.
Grazie Mohamed, adesso sei libero davvero.